Comunicare non è poi così semplice.

Al momento di tradurre il pensiero in suoni convenzionali può succedere che la memoria faccia cilecca, non azzecchi al volo la parola-chiave appropriata e corra ai ripari cercandone una di analoga che le assomigli il più possibile, salvo poi franare impietosamente in un "cosare il coso di quella cosa lì". Un pò come sorpassare distrattamente l'uscita giusta in autostrada e sperare che la prossima ti permetta di recuperare la via di casa senza troppi disagi.

Comunicare con segni e colori, poi, sai quando parti ma dove vuoi arrivare rimane un mistero. Senti solo e comunque l'urgenza di dar spazio a qualcosa che preme e picchia e sbuffa da qualche parte della tua interiorità in cerca di fessure per evadere perché anche lei deve dire la sua e raccontare che il goccio di latte sulla superficie del caffè che stai mescolando ha la sorprendente bellezza di una galassia e che gli steli di erba rinsecchita sono da esplorare con scrupolosa attenzione perché non si sa mai cosa possa nascondervisi.

Questo, in breve, è il mio mondo. Forse può sembrare senza capo né coda ma forse non lo si è osservato abbastanza a fondo perché magari è solo strettamente raggomitolato in se stesso e basta un sapiente colpo di tosse per destarlo da un sonno in cui noi per primi l'abbiamo fatto cadere annoiandolo con la nostra mania di razionalizzare tutto quello che ci circonda.

Questo, in breve, è il mio lavoro. Cercare, ovunque. Trovare, di rado. Perseverare, sempre.

Giorgio Martini 

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